Memorie inventate (di personaggi reali)
Nella scorsa edizione del seminario dedicato alla scrittura autobiografica (che tornerà nei giorni del 15 e 16 aprile 2023), a cura di Danilo Soscia, ci siamo divertite a creare dei racconti che in poche righe racchiudessero la storia, narrata in prima persona, di un personaggio storico o dell’attualità, e poi li abbiamo letti, editati e riscritti insieme. Eccone alcuni.
Io sono Humāy e in quanto tale non esisto.
Fui Signora dell’Irān, secondo alcuni: la madre del padre di Alessandro.
Il Macedone? Tutto da ridere.
Lo humā non è altro che l’uccello sacro, Ahūra Mazdā, la Simorgh.
Ma allora, perché Firdūsī va spacciando questa storia che mio padre ha fatto di me ciò che ha voluto? Si usava, a quel tempo. Che schifo, però.
Lasciatemi dire: se posso scegliere, preferisco essere la Humāy di Tahereh, figlia del cantore di Tarso che fu coetaneo del Saladino.
Lei sì, sapeva raccontare le donne e aveva ben capito che a nessuna interessa essere accoppiata a un vecchio: le regine si stancano presto, sapete, e cercano allora guance rosee e biondi riccioli e snelle caviglie. Giovani principi.
Personaggio: Humāy • Autrice: Francesca Chiesa
Prima di addormentarmi immagino una gigantesca piramide d’oro. Tutte le sere. L’esercizio è semplice: devo scalarla tutta.Per iniziare, devo incidere le mie parole sulla base. Un lavoro fine, lirico, che schiaccerà anche i più diffidenti. Poi comincio a salire. Fino alla prima metà della piramide mi basta qualche immagine, qualche relazione con piccole persone disposte in cerchio, e grazie al loro ciarlare riesco ad arrivare ancora più in alto. Raggiunta la parte superiore devo cercare la luce più distinta dei migliori gioielli, i tessuti più lievi, i profumi più complessi. Dopo averli trovati, devo possederli, trasformarli in tessuto muscolare. La cosa bella della cima è che ci sono solo io: gli altri sono sotto di me.Ma il momento migliore arriva quando, nella totalità dorata e lucida della piramide, vedo riflessa la mia immagine. Solo a quel punto posso dormire, e sognare un fango nero e denso in cui affondare D’Annunzio, col suo riso e i suoi stivali logori.
Personaggio: Gabriele D’Annunzio • Autrice: Anna Chiara Ferioli
Estate 1894
Droga Bronia,
sento ancora nelle ossa l’umidità del legno parigino. Questo malessere che provo, credo sia dovuto più che alla miseria in cui ero immersa, al disincanto provato dopo il rifiuto nella mia amata terra.
Qui non potrò mai finire le mie ricerche: sono e sarò sempre e solo una donna.
Con la mano ho sfiorato i mattoncini rossi dell’università. Mi è rimasta solo la polvere in mano. Secondo te i miei occhi sono così diversi dagli occhi di questi uomini? Perché io devo partire per poter dire di cosa è fatta questa materia?
Ti scrivo proprio per questo: vorrei che tu, sorella mia, mi aiutassi a scoprire cosa ci sia di così importante nell’essere donna da dover rinunciare al mio intelletto, che io non considero di genere ma bensì umano. Eppure il mio essere donna è quello che ha spinto il mio amato Pierre a cercarmi in questa terra lontana: vuole che rientri a Parigi per condividere le nostre vite e consacrarci alla scienza.
Pozdrawiam ciebie siostro
Maria
Personaggio: Marie Curie • Autrice: Pamela Frani
Guardare le formiche è il mio gioco prediletto. Guardare il loro continuo, incolonnarsi, seguire le altre, dividersi e poi riunirsi. Prendere pagliuzze, ritrarsi, incunearsi in basso, nel buco, riemergere. Dove vanno? Chi le guida? L’istinto, gli odori, le antenne o cos’altro?
Potrei stare per ore a guardarle. Il tempo si eclissa. Non esiste più niente. Allora mi chino.
Rifaccio come quel giorno, in cui ero poco più che bambino:
mi accovacciai vicino a loro e decisi di rendere più gradevole la loro dimora. Niente più cunicoli oscuri ma alberelli sotto forma di piccoli fiori di tarassaco e poi strade rettilinee, crocevia.
Ero l’architetto del mondo. Una di loro si ribellò e, chiamando le altre, non so ancora come, fecero colonna verso un nuovo punto di scavo. Scatenai su tutte loro la mia vendetta: presi un cartoccio di carta e lo accesi con un fiammifero. Fu intenso vedere come morivano soffocate dal fumo: quella morte veloce e senza scalpore. Da lì in poi decisi di diventare vegetariano: espiare quella ferita fu il mio ascendere ad una Verità perfetta, alla purezza a cui ho sempre agognato, per me e per la nostra razza. Non avrei avuto più nessun nemico nel mondo animale.
Personaggio: Adolf Hitler • Autrice: Elisabetta Galgani
Tic. Tic. Tic. Una goccia. Due gocce. Tre gocce. È cominciata con quel lavandino che perdeva. A ogni goccia immaginavo il pianeta prosciugarsi e inaridirsi, diventare un immenso deserto, tutto una crepa. È così che ho preso a interessarmi del destino del mondo. È stato per via della sindrome. Me l’hanno diagnosticata da bambina, e significa tante cose. La prima, la più evidente: a differenza della maggior parte delle ragazze della mia età, dedico un tempo minimo alla cura del mio aspetto fisico; al mattino mi lavo, intreccio i capelli e sono pronta. La seconda: sorrido poco e parlo in modo meccanico; per questo molti mi trovano antipatica, ma io non posso farci niente. La terza cosa, la più importante: per me spesso il piccolo è grande e il grande è piccolo; per esempio, non provo alcun timore per gli esami di scuola che terrorizzano i miei compagni mentre le gocce di un rubinetto che perde mi fanno immaginare con angoscia l’intero pianeta privo di vita. Connettere il piccolo e il grande, il grande e il piccolo è il mio modo di occuparmi del mondo. Non so perché pochi altri lo facciano, sarebbe tutto più semplice. Ma pazienza: io devo andare avanti.
Personaggio: Greta Thunberg • Autrice: Francesca Sandrini
[la foto è di Laura Fuhrman]