Perché leggiamo? Le risposte degli scrittori
Perché leggiamo? Che cosa ci spinge a scorrere tra le pagine di carta o sugli schermi digitali?
Per consolazione o spirito d’avventura? Per cercare un altrove o per ritrovare noi stessi?
È un quesito difficile, difficilissimo. Abbiamo furbescamente ceduto la parola ad alcuni scrittori, che hanno provato a capire chi sia il lettore, quali oneri e onori comporti il suo “mestiere” del lettore e quante trasformazioni subisca prima di arrivare alla parola ‘fine’.
Chissà se così facendo abbiamo trovato risposte, o solo scomodato altre domande…
Leonardo Sciascia: non c’è libro senza lettore
Una storia ha il suo senso solo nel momento in cui incontra qualcuno che la legge. È la riflessione da cui parte Leonardo Sciascia in un brano tratto da Nero su nero:
Trovo in una libreria antiquaria una copia de La condition humaine di André Malraux con questa dedica autografa: «À la lectrice inconnue». Sotto la firma, come Malraux usa fare, è un disegnino di pochi tratti: un uccello che somiglia allo struzzo delle edizioni Einaudi.
Il libro è della quarantesima edizione, 1933. Ma la particolarità quasi incredibile, e che rende ancora più misteriosa la dedica, è questa: che è intonso. In quarantatré anni, non ha incontrato «la lettrice sconosciuta». E considerato che anch’io lo lascerò intonso (e come potrei osare di tagliarne le pagine, se sono un lettore – e sarei peraltro un rilettore?), il libro è diventato come un monumento alla lettrice ignota, alla lettrice che non lo leggerà mai. È diventato insomma un apologo e un simbolo, è entrato nella circolarità del libro che insegue il suo lettore e mai lo raggiunge. Altro che i venticinque lettori manzoniani. Siamo al solo, all’unico lettore: e irraggiungibile.
Roberto Bolaño: leggere non è più comodo che scrivere
La lettura non è un semplice passatempo, può trasformarsi in una sfida, e per accettarla ci vuole coraggio. Scrive Roberto Bolaño ne I dispiaceri del vero poliziotto:
Capirono che un libro era un labirinto e un deserto. Che la cosa più importante del mondo era leggere e viaggiare, forse la stessa cosa, senza fermarsi mai. Che una volta letti gli scrittori uscivano dall’anima delle pietre, che era dove vivevano da morti, e si stabilivano nell’anima dei lettori come in una prigione morbida, ma che poi questa prigione si allargava o scoppiava. Che ogni sistema di scrittura è un tradimento. Che la vera poesia vive tra l’abisso e la sventura e che vicino a casa sua passa la strada dei gesti gratuiti, dell’eleganza degli occhi e della sorte di Marcabruno. Che il principale insegnamento della letteratura era il coraggio, un coraggio strano, come un pozzo di pietra in mezzo a un paesaggio lacustre, un coraggio simile a un vortice e a uno specchio. Che leggere non era più comodo che scrivere. Che leggendo s’imparava a dubitare e a ricordare. Che la memoria era l’amore.
Virginia Woolf: aprire un libro per aprire la mente
Leggere richiede una certa predisposizione: la disponibilità ad abbandonare i pregiudizi, la curiosità per avvicinare quello che appare diverso. Virginia Woolf lo dice chiaramente in Come si dovrebbe leggere un libro:
Il libro può dare di più quando lo si apre con la giusta disposizione, Come si dovrebbe leggere un libro
Poche persone chiedono ai libri quello che i libri possono darci. È molto più comune avvicinarsi ai libri con menti divise e confuse, chiedendo una finzione che sia vera, una poesia che sia falsa, una biografia che sia lusinghiera, una storia che rafforzi i nostri pregiudizi. Se potessimo mettere al bando tutti questi preconcetti quando leggiamo, questo sarebbe un ammirevole inizio. Non date ordini al vostro autore; cercate di diventare lui. Siate il suo compagno di lavoro e il suo complice. Se indietreggiate, ed esprimete qualche riserva e critica all’inizio, vi state impedendo di cogliere tutto il valore possibile di quello che leggete. Ma se aprite la vostra mente nel modo più ampio possibile allora i segni e i cenni di una finezza quasi impercettibile, dai colpi di scena delle prime frasi, vi porteranno alla presenza di un essere umano diverso da qualsiasi altro. Immergetevi in questo, familiarizzate con questo e presto vi accorgerete che il vostro autore vi sta dando, o sta tentando di darvi, qualcosa di molto più definito.
Jorge Luis Borges: l’orgoglio di leggere
Chi legge sa di non sapere, si dichiara pronto ad affrontare qualcosa si nuovo, ed è orgoglioso di quanto imparerà. A questa idea di lettore, che lui stesso incarna, Jorge Luis Borges dedica una poesia in Elogio dell’ombra:
Gli altri si vantino per le pagine che hanno scritte;
io vado orgoglioso per quelle che ho lette.
Non sarò stato un filologo,
non avrò investigato le declinazioni, i modi, il laborioso
mutare delle lettere,
la d che indurisce in t,
l’equivalenza della g e della k,
ma nel corso degli anni ho professato
la passione della lingua.
Le mie notti son piene di Virgilio;
aver saputo e scordato il latino
è possederlo, perché anche l’oblio
è una forma della memoria, la sua vaga cava,
l’altra faccia segreta della moneta.
Quando si cancellarono ai miei occhi
le vane apparenze che amavo,
i volti e la pagina,
mi detti allo studio del linguaggio di ferro
che usarono i miei antichi per cantare
spade e solitudini,
e ora, attraversando sette secoli,
dall’Ultima Thule,
la tua voce mi giunge, Snorri Sturluson.
Dinanzi al libro, il giovane si impone una disciplina precisa
e lo fa in vista di un preciso conoscere;
ai miei anni ogni impresa è un’avventura
il cui confine è la notte.
Non finirò di decifrare le antiche lingue del Nord,
non tufferò le mani ansiose nell’oro di Sigurd;
il compito cui attendo è illimitato
e dovrà accompagnarmi fino alla fine,
non meno misterioso dell’universo
e di me, l’apprendista.
Cesare Pavese: leggere per capire noi stessi
Il libro può diventare uno specchio, in cui cogliere aspetti di noi che avevamo bisogno di mettere a fuoco. Scrive Cesare Pavese ne Il mestiere di vivere: diario 1935-1950:
Leggendo non cerchiamo idee nuove, ma pensieri già da noi pensati, che acquistano sulla pagina un suggello di conferma. Ci colpiscono degli altri le parole che risuonano in una zona già nostra – che già viviamo – e facendola vibrare ci permettono di cogliere nuovi spunti dentro di noi.
David Foster Wallace: leggere per entrare in contatto con gli altri
La lettura ci fa anche entrare nei panni degli altri, nei loro pensieri, creando un legame tanto invisibile quanto forte. Scrive David Foster Wallace in Un antidoto contro la solitudine:
Però ci sono parecchi libri che dopo averli letti mi hanno lasciato per sempre diverso da com’ero prima, e penso che tutta la buona letteratura in qualche modo affronti il problema della solitudine e agisca come suo lenitivo. Siamo tutti tremendamente, tremendamente soli. Ma c’è qualcosa, quantomeno nei romanzi e nei racconti, che ti permette di entrare in intimità con il mondo, e con un’altra mente, e con certi personaggi, in un modo in cui non puoi proprio farlo nel mondo reale.
Credits
L’idea del post nasce dai suggerimenti disseminati da Fabio Stassi nei corsi di editing e di scrittura.
Ringraziamo anche Sul Romanzo, da cui abbiamo preso la traduzione del brano di Virginia Woolf (qui lo trovate in inglese, insieme a un’edizione digitale consultabile gratuitamente).
L’immagine di copertina è tratta da Charwoman in Theatre di Norman Rockwell.