Costruire il proprio paesaggio:
un percorso di riflessioni e letture
a cura di Veronica Galletta
Mentre aspettiamo il workshop Paesaggi, città, case: il dove come personaggio con Veronica Galletta, abbiamo chiesto alla docente di spiegarci cosa faremo nei giorni di corso, cosa leggeremo e cosa scriveremo. Ce lo racconta passando da alcuni spunti di riflessione, fra articoli e libri che costituiscono una parte della bibliografia di riferimento.
«Si prende un dettaglio da qualcuno, un dettaglio da un altro; dall’amico di sempre o da un tizio appena intravisto sul marciapiede della stazione, in attesa del treno. A volte si fa propria una frase, un’idea da un fatto di cronaca letto sul giornale. È questo il modo di scrivere un romanzo; non ce ne sono altri»
H.G. Wells, dalla prefazione di Apropos of Dolores.
Sono, queste parole di Wells, parte di una sua prefazione che amplia il semplice Ogni fatto e personaggio di questo romanzo è frutto della sola fantasia dell’autore che di solito si trova all’inizio di un romanzo; le ho trovate citate nei ringraziamenti di un romanzo che sto leggendo Pierre Lemaitre, Tre giorni e una vita – e come ci sono arrivata è un’altra storia.
Ho cercato il romanzo in italiano, ma non è mai stato tradotto. Questo per dire che anche gli spunti arrivano a volte in maniera inusuale, nel momento in cui ti aggiri per casa pensando a come raccontare la cosa che desideri fare. Quando ho letto queste parole infatti ho pensato che sì, è così, anche per me è così. Così nascono i personaggi, ma così nascono anche i paesaggi, i luoghi, le case, le isole, i panorami, le stanze che decidiamo di abitare per il tempo del nostro racconto, e al quale affidiamo i nostri personaggi. Così nascono anche i paesaggi, perché per me il paesaggio è a tutti gli effetti un personaggio.
Ecco, quello che faremo durante i due giorni di lavoro sarà cercare elementi e suggestioni per costruire la nostra casa immaginaria, la nostra città, il nostro orizzonte, attraverso alcuni esercizi e suggestioni.
Useremo il gesso bianco per tracciarne i confini, come in Dogville di Lars Von Trier, la stiperemo all’inverosimile come fecero i fratelli Collyer in Homer e Langley di Doctorow, osserveremo le infinite possibilità di un albero, dal Barone Rampante di Calvino a La casa sull’albero di Pitzorno, passando per L’arpa d’erba di Capote. Lavoreremo sulla casa e sul paesaggio come su quelle bambole di carta, a cui potevi mettere ogni volta un abito diverso.
Per questo vi chiedo di cominciare fin da subito a raccogliere il vostro materiale. Cartoline fotografie elenchi di oggetti ricordi di case colori di tappezzerie che vi hanno colpito, che vi portate dietro da tempo. È arrivato il momento di tirarle fuori, per costruire la nostra personale Creatura: i paesaggi fantastici che ne verranno fuori, li raccoglieremo in una sorta di Atlante dei luoghi immaginari collettivo, che sarà pubblicato sul magazine di minimum fax.
QUALCHE SPUNTO ANCORA
Due articoli:
La casa, disabitata dalla Seconda guerra mondiale, senza bagni né acqua corrente, aveva l’aria di essere vecchissima: la muratura in pietra a filaretto, i barbacani, l’arco di conci di un antico portone d’ingresso mezzo sepolto da un terrapieno. Anche le proporzioni erano quelle antiche, legate alle misure tradizionali dei vernacchi, i grossi getti di castagno selvatico che tagliati in due per lungo venivano usati come travicelli; l’umile meravigliosa sezione aurea della campagna toscana. E mai una linea perfettamente dritta, mai un angolo retto: muri fuori piombo, intonaci ondulanti, scalini consunti, pavimenti di cotto scavato, acquai dove la goccia era ormai pozza nel marmo. Tutto morbido, smussato dagli anni e da chi era vissuto lì prima di noi.
Ilide Carmignani, Gli abitanti della nostra casa, il Post
La pienezza di un luogo si manifesta alla stregua di un’apparizione, riuscendo a penetrare la mia sensibilità in una maniera talmente intensa da risultare, in alcuni casi, persino dolorosa.
(…) i luoghi non sono solo articolazioni spaziali e percettive, ma disegnano una dimensione del pensiero che richiede un ordine simbolico, fatto di tempo, memoria e oblio.
Non è raro che tale forma di compenetrazione venga innescata dall’osservazione di un paesaggio in disfacimento, da un luogo abbandonato o che è sul punto di diventarlo. Al paesaggio in rovina fa spesso eco un dissesto interiore, tanto più profondo quanto più è forte il senso di appartenenza che ci tiene legati a quel luogo specifico.
Carmela Fabbricatore, Mappare ciò che resta: un viaggio sentimentale nel paesaggio in rovina, Fuoripunto.
E tre libri:
- Ho costruito una casa da giardiniere, Gilles Clement, Quodlibet, traduzione di Giuseppe Lucchesini
- Gita al fiume, Olivia Laing, Il Saggiatore, traduzione di Francesca Mastruzzo e Giulia Poerio
- Narratori delle pianure, Gianni Celati, Feltrinelli
(la bibliografia completa verrà inviata insieme al programma dettagliato del corso)
Veronica Galletta è nata a Siracusa e vive a Livorno. Da ingegnere ha lavorato quasi vent’anni per un ente pubblico. Con il romanzo Le isole di Norman (Italo Svevo Edizioni 2020) ha vinto il Premio Campiello Opera Prima. Con il suo secondo romanzo, Nina sull’argine (minimum fax 2021), è stata selezionata nella cinquina finale al Premio Strega 2022.
[foto di Carlos “Grury” Santos]