Il lavoro del direttore editoriale: intervista a Alessandro Gazoia, nottetempo
Ecco un nuovo appuntamento dei nostri percorsi editoriali, una serie di interviste che accompagnano il nuovo anno del percorso di formazione in editoria per conoscere persone, temi e mestieri della filiera editoriale, a cura delle nostre corsiste e dei nostri corsisti.
Promuovere il dialogo e lo scambio culturale, e impegnarsi a «dare voce a testimoni e interpreti che della nostra società esplorino la complessità e le contraddizioni»: sono questi gli obbiettivi di nottetempo, casa editrice indipendente fondata nel 2002 da Ginevra Bompiani, Roberta Einaudi e Andrea Gessner, che pubblica soprattutto saggistica, ma anche narrativa e poesia, italiana e internazionale.
Da gennaio 2021 nottetempo ha un nuovo direttore editoriale, Alessandro Gazoia, già editor per minimum fax e 66thand2nd, ma anche autore di saggi (Come finisce il libro e Senza filtro usciti rispettivamente nel 2014 e nel 2016 per minimum fax), di un testo “ibrido”, a metà tra fiction e non-fiction, sul terrorismo (Giusto terrore, il Saggiatore, 2018), e di un romanzo, Tredici lune, pubblicato da nottetempo.
Ecco cosa ci ha raccontato a proposito del suo lavoro.
di Livia Novello Paglianti
- Hai lavorato come editor e come curatore del Book Pride, e sei anche autore di saggistica e di narrativa. Ora sei direttore editoriale: come vivi questo ruolo? Che cosa ha in comune con gli altri ruoli che hai ricoperto? In cosa si differenzia?
Lo vivo con molta ansia, perché le responsabilità sono maggiori! Sono direttore editoriale per la prima volta, e solo da qualche mese, e vivo tutto questo come una prosecuzione del mio ruolo di editor. Con la differenza che, mentre il lavoro dell’editor si concentra (o si dovrebbe concentrare) sui libri, il direttore editoriale si deve occupare, spesso con altre persone, anche di molti aspetti pratici, prepotentemente meno glamour, ma fondamentali: stabilire le tirature e il prezzo del libro cartaceo e dell’ebook, assicurarsi che alle presentazioni arrivino sempre un certo di numero di copie, occuparsi dei blurb per il copertinario etc. Ti faccio un altro esempio: poco prima della nostra intervista, stavo controllando gli store online per verificare che le copie dell’Inventario di alcune cose perdute di Judith Schalansky avessero la “fascetta digitale” che segnala la vittoria del premio Strega europeo… Insomma, sei coinvolto in tanti processi decisionali, grandi e piccoli, che occupano molto tempo ma sono necessari.
- Andrea Gessner, uno dei fondatori di nottetempo, ha detto che spesso a guidarlo nelle scelte è la ricerca di leggerezza in senso calviniano: proporre libri di qualità, che siano allo stesso tempo piacevoli. Tu quali criteri adotti per selezionare nel mare magnum delle proposte? Quali fattori reputi decisivi nella scelta dei testi per la casa editrice?
Adesso ti dirò una cosa banale e vaga, ma vera: cerco libri belli. Per scegliere tra le mille proposte ci si può, in parte, affidare al gusto personale, ma si devono tenere sempre a mente due fattori fondamentali. Innanzitutto, i propri limiti: bisogna cioè valutare quali titoli si possono ottenere come casa editrice, tutti vorrebbero l’ultimo romanzo di Franzen, ma lo ha già Einaudi… Allo stesso modo, se c’è un’asta per un grosso nome è quasi scontato che la vinca un editore più grande. Poi bisogna valutare come un certo libro si integra nella linea editoriale: a volte trovo dei titoli interessanti, che però non sono adatti per la casa editrice, perché trattano tematiche e argomenti che non rientrano nel percorso di ricerca che stiamo portando avanti in questo momento. Insomma sarebbe strano se, dal nulla, pubblicassimo libri sulla musica noise sperimentale giapponese o sull’agricoltura medievale in Polonia. In generale, nottetempo ha una linea editoriale abbastanza ampia; storicamente prestiamo grande attenzione alla letteratura scritta da donne, e abbiamo in catalogo molti testi saggistici e filosofici di taglio non prettamente accademico.
Aggiungo che il direttore editoriale deve saper gestire il complesso rapporto fra tradizione e innovazione, ovvero proseguire con la linea “classica” della casa editrice (correndo però il rischio di ripetersi troppo e infine stufare), oppure raccogliere nuove proposte e suggestioni. Se, ad esempio, ci si accorge che un argomento che prima sembrava originale (ad esempio, la flora, le foreste, gli alberi) viene ripreso da cento altri editori, si può scegliere di trattarlo in un altro modo, e offrire così ai lettori una nuova prospettiva. Oppure ci si può aprire a settori affini, ma meno “saturati”, che si pensa possano interessare al tuo pubblico.
- Molti dei vostri libri, sia di narrativa sia di saggistica, rivelano una certa attenzione a tematiche al centro del dibattito culturale e politico. Il direttore editoriale deve possedere, oppure sviluppare, una particolare sensibilità che gli permetta di intercettare l’interesse del pubblico verso determinati argomenti? Quali percorsi intendi proseguire e a quali temi intendi riservare nuovo spazio?
Credo che il direttore editoriale debba per forza possedere questa sensibilità: se, ad esempio, lavori per un editore che pubblica testi di filosofia politica e selezioni i titoli solamente sulla base della nuda scheda editoriale, è difficile che tu riesca a fare buone scelte. Per quanto non si possa sapere tutto, bisogna conoscere nel dettaglio gli argomenti e le tematiche che interessano alla casa editrice, e sentirli in qualche modo affini, per evitare di pubblicare titoli distanti dallo spirito dell’editore. Ovviamente, è necessario mantenere viva quella dialettica tra innovazione e tradizione, tra fedeltà e cambiamento, di cui ti parlavo prima: la nostra casa editrice, ad esempio è molto attenta alle tematiche del femminismo e dell’ambiente. Siccome sono argomenti molto discussi, proviamo a parlarne in modo diverso, a tratti sperimentale, in modo da fornire nuovi spunti di riflessione ai nostri lettori. Lo stesso discorso vale anche per la narrativa italiana: da sempre ci interessa investire su autori e autrici esordienti o emergenti, e l’anno prossimo siamo intenzionati a proseguire in questa direzione.
- nottetempo ha un respiro profondamente internazionale: pubblicate autori e autrici di svariata provenienza, tra cui appunto Judith Schalansky, vincitrice del premio Strega europeo 2020 con Inventario di alcune cose perdute. Perché è importante aprirsi alle opere di scrittori stranieri? In questo momento, a quali paesi guardi con maggiore attenzione?
In questo momento guardo con attenzione alle lingue e letterature che conosco, cercando di attingere da bacini sempre più ampi: per la letteratura in lingua inglese ad esempio ora sto leggendo il romanzo di un’autrice indiana che scrive in inglese. E poi guardo anche a paesi più vicini, come la Francia e la Germania, che hanno legami forti con l’Italia, e hanno autori molto interessanti che però da noi non sono ancora arrivati o non sono stati valorizzati.
In generale, nelle nostre ricerche, tendiamo a non soffermarci soltanto sulle case editrici più grandi, o sui titoli del momento, su cui si gettano a capofitto in tanti, ma allarghiamo il campo d’indagine anche agli editori più piccoli e agli autori che hanno una minore risonanza e visibilità.
Insomma, la forte vocazione internazionale di nottetempo sarà mantenuta anche in futuro, e con grande convinzione.
- Ci racconti qualcosa sulla direzione che hai in mente per le collane “storiche” della casa editrice? Negli ultimi anni sono inoltre nate due nuove collane, Terra e Semi: in che modo Terra si propone di offrire nuovi spunti nel dibattito sull’ecologia? Per quanto riguarda Semi, intendete proseguire con la riflessione sull’impatto della pandemia?
In questo momento stiamo portando avanti un lavoro di “razionalizzazione” delle collane: l’idea è quella di avere due grandi contenitori, uno di narrativa, italiana e straniera, e un altro che assorba i testi di saggistica, a cui dedichiamo da sempre ampio spazio, attraverso serie\collane come Figure, che comprende titoli importanti come il recente La politica della rabbia di Franco Palazzi, e Cronache, che riceverà un nuovo impulso, perché punteremo su testi di non fiction non solo di natura giornalistica, ma anche più vicini alla narrativa.
L’anno prossimo ci sarà inoltre un rinnovamento grafico, che farà percepire in modo ancora più chiaro queste nuove declinazioni.
Andremo inoltre a lavorare molto sulla collana Terra, che si propone di dare nuovi spunti al dibattito sull’ambiente, attraverso testi quali Come pensano le foreste di Eduardo Kohn. Terra è nata per impulso di Andrea Gessner, dopo la pubblicazione, all’interno di Figure, di La caduta del cielo dello sciamano e portavoce dell’Amazzonia brasiliana Davi Kopenawa: questo titolo ci ha spinto a creare una collana autonoma che parlasse di ecologia con un taglio nuovo, in una declinazione non eurocentrica e antropocentrica. Ci interessava infatti proporre un altro punto di vista sulla questione ambientale, perché, soprattutto nel nostro paese, sarebbe opportuno riconsiderare alcuni pregiudizi sul rapporto dell’essere umano con le piante e gli animali. Si è conclusa, invece, l’esperienza di Semi, costituita da brevi ebook gratuiti in cui si riflette sull’impatto della pandemia, ma abbiamo la ferma intenzione di riprendere altrove gli spunti di ricerca avviati in quella collana.
- È sufficiente sfogliare un volume nottetempo per accorgersi dell’attenzione che riservate alla forma del libro e alla leggibilità del testo (ampi margini, caratteri grandi, impaginazione studiata). Se la forma è sostanza, come e perché cambia nel tempo il rapporto tra veste grafica e contenuto?
È verissimo che, per un libro, la forma è sostanza. Per questo motivo, mi piace (ed è necessario) prestare attenzione alla grafica: credo infatti che il libro abbia una componente materiale, che diviene da subito emozionale, e questo contribuisce a sua volta a creare rapporti sociali, nel senso che il libro diviene oggetto di confronto, discussione, scambio di opinioni e dono. Anche in questo caso, però, non si può trascurare l’aspetto economico: ovvero riuscire a offrire qualcosa di più al lettore, dal punto di vista della piacevolezza della grafica o della bellezza della carta, tenendo però sempre presente i costi e la necessità di rispettare un budget.
- Quali sono i pro e i contro dell’essere una casa editrice indipendente nel mercato editoriale italiano? È cambiato qualcosa, in meglio o in peggio, con la pandemia? Che previsioni ti senti di fare per il futuro?
Tra i pro direi la possibilità di portare avanti un lavoro di ricerca editoriale un po’ diverso da quello che solitamente si fa nei grandi gruppi. Per quanto riguarda i contro, solitamente sei meno visibile in libreria, per cui i lettori hanno difficoltà a trovarti. Inoltre, se il libro va bene, la grossa casa editrice ha più mezzi per cavalcare l’onda di un fenomeno editoriale positivo… ma è anche vero che, se il libro non vende, subisce maggiormente l’impatto negativo.
Per quanto riguarda la pandemia, non credo che abbia inciso così tanto sul nostro settore. Infine, per il futuro sono “non pessimista”, cauto ma senza vedere nero.
- L’anno prossimo nottetempo compirà vent’anni: come festeggerete questo compleanno così importante? Cosa avete in serbo per i lettori e le lettrici?
Qui dovresti chiedere ad Andrea, che è il nostro maestro di cerimonie! Si tratta ovviamente di una ricorrenza significativa e abbiamo intenzione di festeggiarla con tutti gli onori, ripercorrendo una storia importante. Penso anche che, per qualsiasi casa editrice, il modo migliore di celebrare il passato sia fare libri per il futuro. Abbiamo quindi intenzione di proseguire la nostra attività di ricerca e di impegnarci ancora di più a incontrare i lettori, attraverso nuove aperture e anche con la nuova grafica. Abbiamo vent’anni: siamo nel pieno delle forze, e vogliamo fare sempre meglio.
Livia Novello Paglianti è traduttrice dall’inglese e dal francese, perennemente lost in translation. Ha frequentato il percorso di editoria di minimum lab.