Apprezziamo davvero ciò che viviamo e leggiamo? I «Racconti» di Del Giudice
di Roberto Padua
Un attimo di incertezza, come quando l’aereo si stacca da terra, una sospensione nebulosa… e via, la scrittura spinge su dentro i carrelli. Anche stavolta è andata.
Dal racconto «In questa luce», Daniele Del Giudice
Il libro proposto da Danilo Soscia al gruppo di lettura Casa d’altri è stata la raccolta dei Racconti di Daniele Del Giudice. Lo scrittore romano, poco conosciuto e poco prolifico nella sua produzione letteraria, è stato definito un diamante raro. Al suo attivo ha solo 8 libri di cui 5 raccolte di racconti, ma sono bastati per lasciare il segno in chi lo ha letto e ha ricercato con avidità le sue proposte (tra questi non posso che riconoscermi).
La vita riservata di Del Giudice lascia poco spazio per biografie dettagliate: di lui si conoscono i premi vinti, il rapporto con Italo Calvino e con Marco Paolini e ben poco altro. La sua scrittura attenta, quasi maniacale, non risulta facile a una lettura rapida. La scelta delle parole, sia quando affronta argomenti di carattere scientifico (in questo ricorda molto Calvino nel suo T con zero o ne Le Cosmicomiche), sia quando descrive i paesaggi ma anche gli stati d’animo dei suoi personaggi, è attenta, misurata e puntuale. Tutti i suoi racconti sembrano pervasi dalla preoccupazione di non riuscire a comunicare ciò che l’autore vuole, cercando di lasciare poco spazio all’interpretazione del lettore. Se lascia poco spazio alle interpretazioni, lancia saette cariche di emozioni.
Le complesse emozioni che il lettore si trova ad affrontare sono sfaccettate e organiche al racconto stesso. Leggendo il libro proposto ci si imbatte in racconti più lunghi, come Nel museo di Reims, e decisamente brevi, come Ritornare al Sud.
Nel museo di Reims un giovane ex ufficiale di Marina che, a causa di una malattia “malcurata” sta perdendo progressivamente la vista, racconta in prima persona una visita nel museo. «È da quando ho saputo che sarei diventato cieco che ho cominciato ad amare la pittura». Inizia così il racconto del protagonista Barnaba. Ormai le immagini per lui si confondono in «un’opacità indistinta e chiara», una sensazione quasi tattile, tanto deve avvicinarsi alle cose, sfiorarle con gli occhi. Barnaba ha deciso di sfruttare il tempo che gli rimane per fissare nella memoria alcuni capolavori dell’arte. Concetto che spesso si trova ad affrontare.
In Ritornare al Sud ci si imbatte in una immaginaria lettera scritta da un pittore realmente esistito che scrive alla moglie del suo viaggio in Antartide (luogo caro a Del Giudice ripreso nel libro Orizzonte mobile). Il racconto esprime la preoccupazione, e a volte la rassegnazione, di non riuscire a riprodurre ciò che vede durante la sua missione: i paesaggi irreali, i colori improbabili una realtà talmente lontana dalla propria da sembrare falsa. Anche in questo caso descrive maniacalmente ciò che vede nel tentativo di fissarlo nella propria mente per poi cercare, pur sapendo che non sarà possibile, di riprodurlo con la tecnica dell’acquarello. Solo come nota a fine racconto il lettore scopre che l’autore della lettera è morto, non prima di aver raggiunto il Polo, e che non è dato sapere se lo scritto sia stato recapitato al destinatario. Rimangono quindi aperte tante domande: la lettera è stata recapitata? Era scritta per la moglie o l’autore l’ha scritta per sé stesso nel tentativo di fissare la sua esperienza? Come in Unreported inbound Palermo, il protagonista va verso un destino che ignora, lasciando un rumore di fondo di angoscia e malinconia, o per usare un termine più calzante saudade (come da definizione brasiliana).
Si fa fatica, parlando di Del Giudice, a non citare i suoi capolavori Staccando l’ombra da terra del 1994 e Mania del 1997 entrambe raccolte di racconti in cui l’anima umana viene analizzata durante esperienze di volo o nelle piccole e grandi manie (da qui sono tratti diversi racconti presenti anche nei Racconti). Difficile anche non ricordare lo spettacolo teatrale I-TIGI, Canto per Ustica sulla tragedia del DC9 Itavia precipitato nel 1980 scritto con Marco Paolini e tratto dal racconto Unreported inbound Palermo contenuto in Mania. Come in Ritornare al Sud i protagonisti vanno incontro al loro destino di morte inconsapevoli della sorte che li aspetta. Anche questo aspetto lascia nel lettore un senso di vuoto e ineluttabilità del destino che non possono lasciare inerti. Sono i momenti in cui l’aereo si stacca da terra in quell’attimo di stabile instabilità il lettore si trova solo con l’autore e con la sua anima, quell’attimo evocato in tanti racconti di Del Giudice.
Di questo e di altro si è discusso durante la riunione. Diverse lettrici hanno espresso la difficoltà della lettura di Del Giudice. Nel progredire della riunione e degli interventi però i giudizi, in parte e inizialmente negativi, lasciavano spazio al dubbio. Un dubbio che ha portato tutte loro a ripromettersi di rileggere i testi e approfondire l’opera dello scrittore. In questo senso ci si è domandati di come si legge oggi: forse la vita sempre più frenetica ci ha cambiato anche il modo di leggere? Certamente Del Giudice non è autore da far scorrere velocemente sullo sfondo di questo tipo di vita. È piuttosto momento di pausa, di riflessione e di meditazione sulle cose della vita, sulle manie (nel senso greco del termine), sulle esperienze, sullo scorrere del tempo e dell’ineluttabilità del momento scelto dal destino o da noi. I suoi personaggi vanno incontro alla morte inconsapevoli, come nella realtà, ma trovano il tempo per godere del momento, di ciò che vivono. E la paura di non riuscire nel loro intento è tangibile in molti racconti cosi come l’emozione del momento da cui non si può tornare indietro. Quale altro obiettivo si può sperare per un gruppo di lettura che non sia quello di approfondire l’opera di uno scrittore e stimolare alla rilettura alla luce di una discussione? Il successo più limpido del confronto è certamente quello di far rivalutare la posizione delle persone, e in questo senso l’incontro dedicato a Del Giudice ha centrato in pieno l’obiettivo. Sarebbe interessante incontrarsi nuovamente alla luce della rilettura, magari ampliando la conoscenza delle opere dello scrittore romano. Rimane la gioia di partecipare ai gruppi di lettura organizzati da minimum fax, in cui si incontrano persone intelligenti e acute, riunite nell’intento di scandagliare l’animo umano attraverso la lettura dei testi proposti.
Roberto Padua è nato e vive a Roma. Chirurgo Ortopedico, professore universitario, musicista dilettante, velista e grande amante del mare. Ha pubblicato più di 200 articoli, ma scientifici. Da quando ha scoperto Casa d’altri cerca di non mancare mai agli appuntamenti.
Casa d’altri è il gruppo di lettura di minimum fax dedicato ai libri pubblicati dalle altre case editrici. Il prossimo appuntamento è mercoledì 3 marzo con Francesco “Kento” Carlo e il libro Sulle spalle dei giganti di Kareem Abdul-Jabbar. Qui trovi il diario degli incontri.
[La foto l’abbiamo presa da qui.]